Graziella Zanarotti

Graziella Zanarotti

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© Graziella Zanarotti

TESTIMONIANZE

Francesco Samorè

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“Se voglio, posso dipingere un ritratto; questo è ciò che intendo per libertà”.
David Hockney

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Mi colpisce la drammaticità di questo mare in tempesta e, ancor più, di quel cielo inquieto. La spatola distribuisce la pittura acrilica con gesti rapidi e decisi, senza timore di confini netti tra forme e colori. Nulla è accomodante nel modo in cui Graziella riempie la tela. Se questa isola di pietra, questa zattera, questo naufragio di anime alla deriva sembrano "naturali", è perché la pittrice riesce a imprimere forza e verità in semplici linee nere, quasi a pennello asciutto. E così, prendono forma volti rassegnati, sofferenti, sognanti. Come sempre nei suoi lavori, questo quadro può essere un sogno e, nato nella quiete della notte, sembrare più vero del reale.

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Graziella dipinge soprattutto di notte. A differenza di molti, riesce a creare un’opera anche mentre dialoga con altre persone, descrivendo con naturalezza il proprio flusso creativo. Sa persino dipingere al telefono! 

 

Chi ha letto il celebre Disegnare con la parte destra del cervello, tradotto in tutto il mondo, sa quanto sia difficile conciliare la funzione "irrazionale" del disegno con quella "logica" della scrittura e del linguaggio.

 

In questa sequenza, Graziella ha documentato la nascita del dipinto. Ho sempre amato osservare i pittori al lavoro, i bozzetti che precedono il quadro finale. Qui, una campitura materica e acrilica divide la tela in due aree di colore intenso. Poi, un espediente surrealista: cornici sospese nel vuoto, che evocano Magritte.

 

L’asse del quadro si sposta, diventa orizzontale, trasformandosi in un campo di grano sotto un cielo tempestoso. Infine, la scena si popola di simboli: un viso e tre nature morte.

 

Nei quadri di Graziella, la composizione domina sempre. Il foglio e la tela si riempiono completamente, e la materia del sogno si fa concreta, quasi tattile.